La viticoltura relazionale produce qualità: lo sa bene Leonardo Nanna che, dopo aver maturato l’esperienza nel campo della gestione di una sala ricevimenti, ha cominciato ad occuparsi dell’azienda agricola di famiglia… stravolgendola.

L’azienda viticola di Leonardo Nanna sorge in agro di Casamassima (Ba) e si estende su 30 ettari.

Leonardo è proiettato al futuro ed esordisce parlando per prima cosa dei suoi prossimi progetti: “Stiamo pensando di diversificare la produzione con il kiwi giallo, abbiamo già firmato un contratto con Zespri per coltivare il G3 in Puglia. Mi piacerebbe, inoltre, affacciarmi al mondo dei piccoli frutti“.

Facciamo un passo indietro Leonardo, come è avvenuto il passaggio di consegne da tuo padre a te?
Se dovessi descriverlo userei l’aggettivo: shockante. Sono fortunato, perché mio padre mi ha lasciato la possibilità di sbagliare. Il passaggio di consegne è avvenuto 4 anni fa, la mia formazione lavorativa era legata alla gestione di una sala ricevimenti, ma questa “inesperienza” a mio avviso ha giocato a mio favore, perché non avevo preconcetti o infarinature di alcun tipo e sono stato capace di captare e abbracciare le novità. Ho subito voluto “rompere” con la gestione di mio padre, quindi ho rinnovato interamente il team – agronomo e commercialista – chiamando a raccolta le persone che io ritenevo migliori.

leonardo nannaA tal proposito colgo l’occasione per ringraziare il mio agronomo Sabino Netti: a lui devo tantissimo e posso dire che è stato la chiave di volta per la trasformazione dell’azienda. Inoltre, uno dei più grandi cambiamenti avvenuti in azienda è stato quello della gestione dei costi. Da quando mia moglie, ingegnere gestionale, lavora con noi abbiamo cominciato a parlare di ottimizzazione del budget e costi del personale.

Cosa è accaduto dopo?
Ho introdotto nuove varietà apirene, adesso l’80% delle mie varietà è costituito da uve senza semi, ma l’obiettivo è produrre solo seedless tra qualche anno. Ovviamente la selezione della cultivar giusta è un processo lungo.

Di quanto tempo hai avuto bisogno per capire quali varietà coltivare?
Io ho cominciato facendo un’indagine di mercato. Per prima cosa ho capito cosa desiderava il consumatore. Successivamente, tenendo conto delle condizioni pedoclimatiche della mia azienda, ho valutato quali varietà impiantare. Nulla deve essere lasciato al caso se si vuole produrre uva di qualità; è la qualità il mio chiodo fisso.

Per te cosa vuol dire qualità?
Omogeneità di produzione, di maturazione e di colorazione con un calibro medio superiore alla media. Siamo a fine agosto e raccolgo varietà tardive come Timco e Carlita: è la conferma del fatto che si è lavorato bene, nonostante i problemi di colorazione che questa annata ci sta regalando.
La “vecchia scuola” di produttori non vede di buon occhio la selezione dei grappoli, ma il problema non è quanti chili di uva porta la pianta, bensì quanti ne raccogli… e soprattutto il prezzo a cui vendi il tuo prodotto. La prima volta che ho effettuato la cimatura dei grappoli mio padre non mi ha parlato per un mese. Poi però si è reso conto del risultato. Ora è lui che supervisiona questa operazione ed è anche più esigente di me.

Hai introdotto supporti tecnologici?
Ci sono diverse novità in programma, ma in particolare vorrei automatizzare gli impianti irrigui. Perché non si può fare qualità irrigando ogni 10 – 11 giorni. Vorrei avere una gestione più equilibrata dell’acqua. Per riuscire ad ottenere il massimo dal mio vigneto devo irrigare una volta ogni due giorni con 30-40 litri/ettaro.

Quali le novità per la gestione della nutrizione e della difesa?
Non ho mai avuto il coraggio di aprire il “quaderno di campagna” degli anni ’90 – ammesso che ci fosse -. Fare viticoltura a quel tempo voleva dire usare sali semplici e concimi chimici: tutti prodotti che io non uso più. Per me la nutrizione si basa sulla sostanza organica, accompagnata da acidi umici e acidi fulvici. Il cambio di passo riguarda anche la difesa delle colture. Ormai cerchiamo di usare al meglio gli induttori di resistenza e ci ingegniamo per ridurre l’uso di molecole chimiche.

Come è cambiato il vigneto?
Ovviamente il sesto è diverso, sono cambiate le potature di allevamento, siamo riusciti a ridurre di un anno l’entrata in produzione degli impianti. Questo perché non innestiamo più in campo le barbatelle, usiamo solo barbatelle innestate in vivaio. Abbiamo instaurato diverse partnership, ad esempio con Serroplast. In seguito a studi condotti con il loro ausilio non usiamo più i teli a fondo giallo, ma solo quelli di colore bianco, perché abbiamo notato che favoriscono un maggiore equilibrio vegeto-produttivo delle piante.

La viticoltura però è cambiata anche nel profondo, non solo fisicamente o tecnicamente. Conduco la mia azienda con la certezza che la chiave per crescere è creare partnership e reti, sono anche consigliere della Commissione Italiana Uva da Tavola. Noi, nuove generazioni, fondiamo il nostro lavoro sul dialogo e sul confronto costante e continuo. Sono convinto del fatto che solo implementando la qualità di tutta l’uva italiana si possa davvero crescere e farsi valere come comparto.

Teresa Manuzzi
©uvadatavola.com

L’articolo La viticoltura relazionale produce qualità proviene da Uva da Tavola.

Clicca sul seguente titolo per leggere l’articolo completo su uvadatavola.com: La viticoltura relazionale produce qualità