In compagnia dell’agronomo Giuseppe Tagliente parliamo di operazioni colturali e scelte progettuali del vigneto, per conoscere meglio i numerosi accorgimenti agronomici che influenzano il sapore di ogni acino d’uva.

Dare una definizione di sapore è operazione piuttosto complessa. Le proprietà organolettiche di un alimento possono essere definite come l’insieme delle caratteristiche chimico-fisiche percepite dai nostri organi di senso.

Se consideriamo l’uva da tavola, i parametri che oggi vengono valutati e misurati per definire le caratteristiche organolettiche del prodotto sono: zuccheri, acidità, rapporto tra zuccheri e acidità, colore, consistenza della bacca, presenza di profumo (tipico di varietà come Italia, Cotton Candy, etc.). Tutti questi parametri, oltre a costituire una prerogativa varietale, sono estremamente correlati alla natura pedoclimatica dell’ambiente di coltivazione (la cosiddetta vocazionalità).

Per cercare di esaltare i parametri organolettici dell’uva da tavola, in questi ultimi anni anche la tecnica agronomica si è evoluta, con la consapevolezza che tutte le operazioni e le scelte fatte in un vigneto, dall’impianto in poi, influiranno sullo stesso in maniera determinante. Sono convinto che un prodotto di qualità si possa ottenere solo stabilendo un perfetto equilibrio vegeto-produttivo per le viti. Occorre prima di tutto conoscere il profilo fisico-chimico del terreno oggetto di coltivazione e la qualità dell’acqua d’irrigazione. Sulla base di queste informazioni e della varietà è poi opportuno selezionare portinnesti, sesti d’impianto e forme di allevamento.

Progettare pensando alla qualità
Il portinnesto, oltre all’affinità varietale e all’adattabilità al terreno, deve essere scelto con l’obiettivo di permettere lo sviluppo e la crescita di piante equilibrate. Pertanto la combinazione ‘portinnesti vigorosi/varietà vigorose’ è certamente da sconsigliare. Sesti di impianto più ampi (da 1000 a 1300 circa piante a ettaro) sono da preferire in condizioni di terreni con un buon grado di fertilità e varietà vigorose. Forme di allevamento più espanse sono anche in questo caso da preferire per varietà vigorose, perché ciò permette, in prospettiva, una più semplice gestione della vegetazione. Un altro aspetto da valutare è la qualità dell’acqua di irrigazione, considerando che acque con elevati valori di conducibilità elettrica (EC) ed elevata presenza di sodio e cloro disciolti, a lungo andare, compromettono le caratteristiche fisico-chimiche del terreno e deprimono la capacità della pianta di assorbire le sostanze nutritive. Questo influirà direttamente e indirettamente sulle peculiarità organolettiche finali dell’uva.

Gestione finalizzata al sapore
Nella gestione ordinaria di un vigneto tutte le operazioni colturali finalizzate al raggiungimento della qualità finale del prodotto influenzeranno anche le caratteristiche organolettiche dello stesso. Fermo restando che il nostro obiettivo sia avere piante in perfetto equilibrio vegeto-produttivo, ovvero con un giusto rapporto foglie/frutti, vanno sconsigliati eccessivi apporti di azoto, effettuati attraverso le fertilizzazioni.

Gli interventi di potatura verde, partendo dall’eliminazione dei doppi germogli e di tutti quelli mal posizionati, sono fondamentali per l’ottenimento di una qualità superiore. I vari interventi di defogliazione che vengono effettuati durante il ciclo produttivo non devono, però, provocare eccessivi scompensi alle piante di vite. Considerando che ad ogni azione che noi facciamo sulla pianta corrisponde una reazione della stessa, è allora facile intuire che defogliazioni esagerate, oltre a provocare un fisiologico iniziale blocco delle piante, produrranno – in seconda battuta – una risposta vegetativa sproporzionata. Il suggerimento è quindi quello di optare per un “passaggio in più” nel rispetto del rapporto foglie/frutti.

Tutto questo rientra nel più ampio discorso della gestione della luminosità all’interno del vigneto, specialmente nei nostri areali dove la totalità delle produzioni avviene sotto coperture plastiche. In questo caso, fermo restando l’importanza di avere luminosità all’interno della nostra forma di allevamento, vanno preferite coperture con teli a luce diffusa.
Per ottenere uva con caratteristiche organolettiche superiori è determinante, inoltre, lasciare sulla pianta il giusto numero di grappoli che, come detto in precedenza, è strettamente correlato alla funzione vegetativa della pianta. Un elevato numero degli stessi – è ovvio – andrebbe a ridurre la qualità finale. Oggi, tuttavia, per raggiungere standard organolettici elevati, vanno prese in considerazione tutte quelle pratiche di manipolazione del grappolo che ci portano ad avere grappoli con il “giusto numero di acini”. Considerando che il processo di maturazione inizia nella parte centrale del grappolo, per poi spostarsi nella parte superiore, e in ultimo nella parte basale dello stesso, la pratica di cimatura del grappolo e il diradamento dello stesso sono pertanto fortemente consigliate.

Il momento giusto
Un ulteriore fattore determinante ai fini della qualità organolettica è il momento della raccolta. Come tutti i processi di maturazione, l’andamento è quello tipico di una curva Gaussiana: l’uva, a seconda della varietà, ha un momento in cui raggiunge il suo massimo livello in termini organolettici. Questi fattori di pregio sono mantenuti per un lasso di tempo che, in genere, non supera le 2/3 settimane: poi inizia il decadimento dei vari parametri, cui abbiamo accennato in precedenza. Scegliere il giusto momento di raccolta è fondamentale. Va detto, in verità, che in generale il momento del taglio non dipende dalla volontà dell’azienda agricola, bensì dalla domanda sul mercato. In questo caso il suggerimento va dato alla parte commerciale, affinché raccolga il prodotto uva rispettando il processo di maturazione, per poi eventualmente conservare il prodotto nelle celle frigo, invece di lasciarlo sulla pianta.

Come in una partita a scacchi con la qualità, il gusto di ogni acino è quindi il risultato dell’insieme di “mosse” che l’agricoltore sceglie di compiere per il raggiungimento del sapore: dalla scelta della barbatella al sesto d’impianto, dalla potatura alle defogliazioni, dalla selezione e manipolazione di ogni singolo grappolo alla scelta dei volumi di acqua da apportare, dalla qualità e quantità dei fertilizzanti utilizzati fino al tipo di telo di protezione adottato. Ogni scelta in campo, incluso il momento della raccolta, si riflette sul sapore finale.

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