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Le agromafie fatturano circa 22 miliardi di euro l’anno, con un aumento del 30% nell’ultimo anno. Un fenomeno dilagante che sta mettendo in ginocchio l’intero settore agricolo italiano. La Puglia è terza nella classifica nazionale, con una infiltrazione criminale pari all’1,31% e 6.057 terreni sequestrati, pari ad un quinto di tutto il territorio nazionale. Sono dati emersi nel corso di un convegno svoltosi il 10 settembre alla Fiera del Levante, organizzato da Coldiretti Puglia e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare.

L’obbligo di indicare l’origine dei prodotti sull’etichetta è un passo fondamentale per il contrasto alle agromafie, sostiene il presidente nazionale della Coldiretti, Roberto Moncalvo, per il quale: «assistiamo ad un nuovo fenomeno di importazione selvaggia di materie prime di bassissima qualità, prodotte in Paesi che sfruttano il lavoro e il territorio, diventando poi magicamente prodotti italiani. Accade nella filiera del pomodoro dove solo nel 2016 sono stati importati dalla Cina 91 milioni di chili di concentrato di pomodoro, pari al 20% dell’intera produzione italiana. Per questo ci serve subito l’obbligo di origine del pomodori, di tutti i prodotti dell’ortofrutta e per tutte le filiere, come le carni trasformate».

Secondo Coldiretti l’obbligo di origine di pasta e passata di pomodoro salverebbe un terzo dell’agricoltura pugliese. Ma l’etichettatura da sola non può bastare. Gian Carlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, ricorda come “al consiglio dei ministri giace un progetto di riforma dei reati agroalimentari, realizzato da una commissione da me presieduta e voluta dal ministro Orlando. Con questa riforma potremmo ampliare le possibilità di intercettazione, di effettuare prelievi e campionamenti a sorpresa e ottenere mezzi di indagine più incisivi”.

Tra le novità inserite nel disegno di legge, quella che preme di più ai coltivatori è l’introduzione del reato di agropirateria con il quale potrebbero essere perseguite contraffazioni e frodi in campo agroalimentare.

Senza dimenticare il problema della eccessiva burocrazia e farraginosità delle leggi, denunciate dal presidente regionale della Coldiretti, Giovanni Cantele per il quale “dobbiamo fare in modo che le norme vengano applicate ma che non siano un fardello insostenibile per le imprese. Leggi di non facile applicazione sono un fardello troppo pesante sulle spalle degli imprenditori” spiega Cantele.

La Regione Puglia, dal canto suo, cerca di tutelare al meglio le produzioni agricole locali, “siamo una delle poche regioni in Italia ad avere un nostro sistema di certificazione. Abbiamo l’esigenza di difenderci dalle frodi alimentari, in quanto adulterazioni dei prodotti e dall’utilizzo improprio delle certificazioni – spiega l’assessore regionale alle risorse agroalimentari, Leonardo Di Gioia – e lo facciamo attraverso l’utilizzo dei disciplinari, il sistema dei controlli, l’utilizzo dei marchi. Con tutta una serie di regole all’interno del nostro Psr che migliora la tracciabilità del prodotto”.

Un capitolo a parte riguarda la lotta al caporalato, tema sul quale è intervenuto il presidente della Regione, Michele Emiliano: “La Puglia ha preso atto della nuova legge, ma si rende conto che le imprese locali non sono ancora pronte per gestire i lavoratori migranti, per questo li stiamo aiutando con investimenti importanti, da milioni di euro, per far dormire e mangiare i lavoratori nelle foresterie. In questo modo tuteliamo non solo la dignità delle persone, ma anche e soprattutto l’agricoltura pugliese che sovente è stata rovinata con immagini di copertina su grandi giornali europei che descrivevano, il pomodoro pugliese come un pomodoro insanguinato dal lavoro illegale delle persone”.

 

Fonte: puglianext

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